Progetto Monte Chiappa: ATTAC Imperia scrive alla Regione

Dopo il progetto “Monti Moro e Guardiabella”, un’altra speculazione insensata sul Monte Chiappa. L’eolico continua a rappresentare un’aggressione al paesaggio imperiese, peraltro un territorio poco ventoso e con scarse attitudini allo sfruttamento di questa fonte rinnovabile.

Prevedere la realizzazione di un impianto, con pale fino a 180 mt d’altezza nell’area panoramica del Golfo Dianese e a ridosso dell’abitato di Cervo, borgo medievale di pregio inserito nel prestigioso club dei Borghi più belli d’Italia, stride in maniera evidente e preoccupante con i principi della nostra Carta Costituzionale, per la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico.

Qualunque sia la prospettiva d’osservazione, dalla terra o dal mare, la veduta della Chiesa dei Corallini di Cervo, considerato uno dei maggiori monumenti in stile barocco del Ponente, viene significativamente compromessa.

Più complessivamente, viene sfigurata l’intera area del crinale, dal Pizzo d’Evigno a Capo Mimosa, che presenta una natura intatta, ben conservata e priva di industrializzazione, oltre ad offrire habitat naturali ad ecosistemi floro-faunistici molto particolari.

Ma anche e soprattutto è l’aspetto economico e sociale a subire un grave effetto negativo sulle principali fonti di reddito del territorio, non solo nei comuni interessati di Andora, San Bartolomeo al Mare e Villa Faraldi, ma in tutto il comprensorio. L’attività turistica costiera, oggi saggiamente integrata con l’outdoor e proposte naturalistiche che hanno valorizzato l’entroterra e la destagionalizzazione dell’offerta, viene fortemente compromessa da un impianto che può avere ricadute incerte.

Viene il dubbio che anche in questo progetto, sebbene in scala minore, grazie ad una politica energetica priva di pianificazione e alla mercificazione dell’energia, possano prevale gli interessi di profitto ad un reale contributo alla transizione energetica.

La conversione alle fonti rinnovabili è e sarà essenziale per contrastare i danni al clima del petrolio e del metano, ma deve essere condivisa con chi in quel luogo vive e in armonia con il territorio su cui insiste. Le soluzioni percorribili alternative ci sono. L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha stimato, per l’installazione di impianti fotovoltaici, una superficie più che sufficiente a soddisfare le previsioni 2030 del Piano nazionale per l’energia, utilizzando aree già asfaltate o costruite, purché svincolate paesaggisticamente, regione per regione senza produrre nuovo consumo di suolo e danni all’ambiente.

Su questi elementi ATTAC Imperia ha inviato un’osservazione per la Valutazione di Impatto Ambientale a Regione Liguria, esprimendo netta contrarietà ad un progetto distruttivo delle caratteristiche dei luoghi, a sostegno degli abitanti e del comitato “CoordinaVento del Gorfo Dianese”.

ATTAC - Associazione per la  Tassazione delle  Transazioni finanziarie e l’Aiuto ai  Cittadini

ALLEGATO 3 - Osservazioni ATTAC Imperia alla pratica n. V468

Progetto eolico denominato “Monte Chiappa”, costituito da 7 aerogeneratori per una potenza complessiva di 29 MW, ubicato nei comuni di Andora (SV), San Bartolomeo al Mare (IM) e Villa Faraldi (IM).

Premessa

La realizzazione di una centrale per la produzione di energia eolica nei luoghi individuati dal progetto, stride in maniera evidente e preoccupante con i principi della nostra Carta Costituzionale, che all’art. 9 pone, per l’appunto, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione tra quei principi fondamentali (art. 1-12) che esprimono le finalità e le basi ideali della forma di Stato disegnata dalla Costituzione. In un territorio, nell’estremo ponente ligure, per il quale peraltro, già le informazioni e i dati forniti dall’Atlante eolico italiano, non evidenziano particolari attitudini allo sfruttamento energetico, in termini di ventosità e producibilità specifica.

A queste stime si aggiunge che il cambiamento climatico ha favorito la tropicalizzazione del clima mediterraneo, con conseguenze sulle caratteristiche qualitative e quantitative della circolazione atmosferica difficili da valutare.

Sul piano della giurisprudenza amministrativa, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1872, pubblicata il 5 marzo 2025, ha affermato una serie di principi che sono destinati a fare giurisprudenza. Nella sentenza si afferma infatti, che “l’impatto visivo è uno degli impatti considerati più rilevanti fra quelli derivanti dalla realizzazione di un campo eolico” e che “il paesaggio, quale bene potenzialmente pregiudicato dalla realizzazione di opere di rilevante impatto ambientale, si manifesta in una proiezione spaziale più ampia di quella riveniente dalla sua semplice perimetrazione fisica consentita dalle indicazioni contenute nel decreto di vincolo”. In altri termini, il paesaggio si manifesta in tali casi quale componente qualificata ed essenziale dell’ambiente, nella lata accezione che di tale bene giuridico ha fornito l’evoluzione giurisprudenziale, anche di matrice costituzionale.

Relativamente agli aspetti procedurali, si rileva che gli enti locali e le comunità sono rimaste all’oscuro del progetto. Ne deriva una proposta avulsa dal territorio, in disarmonia con il contesto paesistico che mina la tutela dell’ambiente e la qualità della vita.

Impatto visivo e paesaggistico

Il progetto prevede la realizzazione di un impianto costituito da 7 aerogeneratori di un’altezza fino a 180 mt, nell’area panoramica del Golfo Dianese e a ridosso dell’abitato di Cervo, borgo medievale di pregio inserito nel prestigioso club dei Borghi più belli d’Italia, ricco di beni culturali sottoposti a tutela, dai quali non viene rispettata la distanza minima della fascia di rispetto, posta a 3 km.

Qualunque sia la prospettiva d’osservazione, dalla terra o dal mare, l’impatto non mitigabile sulla veduta della Chiesa di San Giovanni Battista di Cervo, considerato uno dei maggiori monumenti in stile barocco del Ponente, è significativa all’interno dei bacini visivi del dianese e dell’andorese.

Più complessivamente, viene compromessa l’intera area del crinale dal Pizzo d’Evigno fino a Capo Mimosa, che presenta una natura intatta, ben conservata e priva di industrializzazione, oltre ad offrire habitat naturali ad ecosistemi floro-faunistici molto particolari. La presenza delle alte strutture impatta sui corridoi ecologici, con effetti sugli ecosistemi delle specie migratorie e nidificanti.

La morfologia e lo skyline del crinale vengono irrimediabilmente modificati per la costruzione delle piazzole degli aerogeneratori e della strada di collegamento, prevista lungo la dorsale collinare.

Non vi sono adeguati approfondimenti per dimostrare che gli enormi sbancamenti in profondità e le palificazioni per le fondazioni di ogni singolo aerogeneratore, non vadano ad interferire con i bacini idrografici di accumulo e le sorgenti sotterranee. La realizzazione dell’impianto andrebbe dunque ad interferire inevitabilmente con il delicato equilibrio degli acquiferi presenti. Numerosi sono anche gli impatti e le violazioni dal punto di vista pianificatorio ed urbanistico non superabili, relativamente anche ai tratti di viabilità esistente, soggetta ad adeguamenti per il trasporto degli aerogeneratori.

Impatto economico sociale

L’impianto ha un pesante impatto economico sociale sia sulla costa che sull’entroterra, causando un grave effetto negativo sulle principali fonti di reddito del territorio come l’ulivocultura e il turismo.

La costruzione di una nuova strada da 5-8 mt intorno all’abitato di Chiappa, comporta l’abbattimento di centinaia di ulivi coltivati. Porzioni estese d’uliveti di varietà Taggiasca vengono sacrificati per il trasporto degli aerogeneratori, una quota non trascurabile per le esigue superfici agricole regionali.

L’attività turistica costiera, oggi sapientemente integrata con gli aspetti sostenibili rappresentati dall’escursionismo e dal cicloturismo, che hanno valorizzato l’entroterra e la destagionalizzazione dell’offerta, viene fortemente danneggiata da un impianto che può avere ricadute incerte, stante anche le scarse garanzie sull’effettiva produttività energetica. Il territorio è connotato di pregevoli sentieri naturalistici, che divengono parte, in questi tratti, della viabilità di collegamento agli aerogeneratori. L’impianto causa irrimediabilmente un impatto rilevante all’intero patrimonio storico culturale e architettonico del comprensorio.

Impatto sul contrasto agli incendi boschivi

La presenza dell’eolico in aree boscate a rischio incendio di intensità elevata ed estrema (classi 4 e 5 del Geoportale Regione Liguria), con morfologie del territorio e vegetazioni particolarmente soggette agli incendi boschivi, diventa una difficoltà aggiuntiva. Lo chiarisce anche in modo inequivocabile un documento della Regione Sardegna inviato al MASE: “Criticità inerenti le complesse operazioni di spegnimento degli incendi boschivi. La presenza degli aerogeneratori costituirebbe un ostacolo alla navigazione, sui corridoi di approccio alle fiamme, dei mezzi aerei ad ala fissa, influendo negativamente sull’efficacia degli interventi di spegnimento e potrebbe addirittura escluderlo. La stessa problematica riguarda l’utilizzo dei mezzi ad ala rotante in particolare nelle fasi di spegnimento e di approvvigionamento idrico.” I mezzi aerei svolgono un ruolo fondamentale nelle fasi di contenimento e spegnimento nella lotta attiva degli incendi boschivi, come evidenziato anche nei Piani specifici della Regione Liguria.

Molte porzioni delle aree interessate dall’impianto, nella zona di Villa Faraldi più recentemente e lungo l’intero crinale, sono state coinvolte dalle fiamme ed inserite nel “Catasto Incendi”, ai sensi della Legge 353/00, quali aree boschive percorse dal fuoco, come tali soggette a vincoli di diversa natura e che pertanto esigono un adeguato approfondimento.

Conclusioni

La conversione alle fonti rinnovabili è e sarà essenziale per contrastare i danni al clima del petrolio e del metano, ma deve essere condivisa con chi in quel luogo vive e in armonia con il territorio su cui insiste.

Le soluzioni percorribili alternative ci sono. A tal proposito il rapporto annuale dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) stima la superficie potenzialmente disponibile per installare impianti fotovoltaici sui tetti, al netto di una serie di fattori come la presenza di comignoli e impianti di condizionamento, ombreggiamento, esclusione dei centri storici. Dai risultati emerge una superficie più che sufficiente a soddisfare le previsioni 2030 del Piano nazionale per l’energia, utilizzando aree già asfaltate o costruite, purché svincolate paesaggisticamente, regione per regione senza produrre nuovo consumo di suolo e danni all’ambiente.

Si esprime la NETTA CONTRARIETA’ ED OPPOSIZIONE, per le motivazioni fin qui esposte, ad un progetto distruttivo delle caratteristiche dei luoghi ed in spregio alle aspirazioni delle comunità locali che di quei beni sono custodi per le generazioni future; si chiede di esprimere parere negativo del progetto.


A cura e sottoscritto da ATTAC Imperia